sabato 31 dicembre 2016

CORREDENTORI

Tutti coloro che amano come Gesù ci ama, collaborano con Lui a redimere il mondo, a liberarlo dall’ingiustizia, dal dolore e dalla morte; sono quindi redenti da Lui e corredentori con Lui.
Sull’esempio di Maria
Naturalmente, chi ama di più collabora di più. Quindi, Maria Santissima, l’Immacolata, è la corredentrice per eccellenza!
E tanto lei, quanto tutti i discepoli di Cristo, a livello diverso, sono corredentori sia quando sono ancora su questa terra, sia quando giungono lassù, alla vetta dell’amore.
In questo mondo, la Mamma del Signore l’ha atteso, l’ha generato, l’ha fatto crescere, l’ha persino educato (mi sconvolge il pensiero che una persona umana abbia potuto educare Dio stesso, fatto uomo! Ma questo fa parte della realtà dell’Incarnazione che Dio ha voluto attuare per noi): l’ha educato con la luce e con la forza di Dio e con l’aiuto sponsale di San Giuseppe. In seguito, Maria ha sofferto con Gesù crocifisso, ha esultato per la sua Risurrezione e nell’assenza fisica di Lui ha pregato con la Chiesa nascente.
Ha raccontato tante cose ai primi cristiani, ha lavorato con loro e alla fine della sua vita mortale è stata subito portata in Cielo, raggiungendo suo Figlio e aspettando la risurrezione di tutti noi. Così ha ottenuto la massima pienezza dell’amore! Ed è per questo che da allora, la Madonna aiuta tutti gli uomini del mondo, che ormai le sono figli anche se sovente non lo sanno neppure.
Le sue frequenti apparizioni, unite a miracoli materiali e spirituali, sono un segno evidente di questa premura materna verso di noi. La sua collaborazione con Gesù alla liberazione del mondo è appunto la sua corredenzione che sta trasformando la terra preparando il Cielo, in unione con Cristo Redentore!
La nostra chiamata
La nostra corredenzione non è certo così generosa come la sua. Tuttavia il Signore chiede a ciascuno di noi il suo contributo, piccolo o grande che sia. Ricordo le parole di Gesù: «Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi!» (Gv 14,12).
Pensiamo all’azione degli Apostoli, dei Martiri, dei Santi che hanno continuato l’opera del Salvatore, non soltanto a livello spirituale, ma anche a livello terrestre: quanti di loro hanno aiutato i piccoli, i poveri, i malati, i sofferenti.
Tra i più recenti, pensiamo a quanto ha fatto Madre Teresa di Calcutta!
E noi personalmente, come possiamo collaborare con Gesù? Anzitutto, vivendo bene la nostra vita e facendo bene i compiti che dobbiamo svolgere. San Francesco di Sales diceva: «Dobbiamo saper fiorire là dove Dio ci pianta». Il netturbino rende il mondo più bello quando pulisce nel modo migliore, con il desiderio di rendere tersa la città, per il bene degli abitanti; similmente un ferroviere, un agricoltore, un tecnico: facciano con entusiasmo il loro lavoro a vantaggio di coloro che ne usufruiranno.
Il nostro compito
Alcuni poi, sono impegnati direttamente ad aiutare le persone: maestri, sacerdoti, medici, infermieri... ricordino l’esempio di Gesù! Inoltre, tutti i cristiani ripensino al discorso evangelico di Gesù riportato nei capitoli cinque, sei e sette di Matteo, in cui troviamo una gran quantità di spunti.
È per i poveri, gli afflitti, i miti, coloro che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati a causa della giustizia, è per loro il regno di Dio, da loro è la salvezza del mondo! E poi, siamo chiamati ad essere il sale della terra e la luce del mondo.
I coniugi sono chiamati ad essere fedeli; tutti siamo chiamati ad amare e ad aiutare anche i nostri nemici. Inoltre, anche coloro che sembrano impotenti a tutto, come alcuni malati, possono invece far moltissimo pregando, perdonando, abbandonandosi al Padre come bambini.
In tutto questo diventiamo simili a Gesù e Maria: lavorando con loro e come loro saremo “corredentori” per il bene di tutti.
                                                                         Antonio Rudoni sdb

venerdì 30 dicembre 2016

Ecco la Maestosa REALTÀ dove Volano le Aquile




In occasione del Natale, ossia di questa ricorrenza che molti celebrano senza domandarsi di CHI siano veramente i "natali" e PERCHÉ necessiti più che mai entrare nella VERA CONOSCENZA dei fatti accaduti due millenni fa, offro a voi, gentili Lettori, un articolo chiarificatore a complemento dell'altro, postato QUI.

So che, purtroppo, lascerà molti di voi indifferenti, se non addirittura infastiditi ma, per una volta almeno, ponetegli la doverosa attenzione, perché esso non rientra affatto in uno dei soliti scritti tradizionali, adatti al periodo. Vi accorgerete MOLTO PRESTO di quanto vi possa essere utile sapere!

Abbiamo tutti "festeggiato" – ed ancora una volta non si sa bene PERCHÉ – il giorno dell'Immacolata Concezione. (Infatti, ciò che ha attratto di più [sic] è stato usufruire del "ponte").

Pochi, se non pochissimi, sanno che si riferisce al concepimento straordinario della Vergine Maria, non soltanto perché esente dalla Colpa d'Origine (vedere QUI) ma per la Sua nascita soprannaturale.

Ecco come i Vangeli Apocrifi (che vuol dire SEGRETI, e NON "FALSI" come si crede) la riportano:



La Miracolosa Nascita di Maria.

Si avvicinò il giorno della Festa delle Encenie (Riconsacrazione del Tempio da parte di Giuda Maccabeo nel 164 a.C. Ndr) e i figli di Israele, facenti parte di tutti i popoli e tribù, andavano a Gerusalemme, nel Tempio del Signore, per offrire singolarmente i propri doni.

Tra loro c'era pure Gioacchino che preparò le sue offerte da presentare al cospetto dell'Altissimo.

Ma gli si avvicinò uno scriba di nome Ruben che gli disse:

"A te non è lecito offrire doni e sacrifici nel Tempio, giacché tu non hai suscitato una discendenza in Israele. Infatti la Scrittura dice: Maledetto chiunque non abbia generato un maschio in Israele".

Gioacchino rimase grandemente umiliato a causa di quell'affronto davanti a tutto il popolo e, colmo di grande vergogna, si allontanò dal Tempio del Signore assai contristato.

NON RITORNÒ A CASA SUA, NÉ PIÙ SI FECE VEDERE DALLA MOGLIE, ma si ritirò nel deserto; si recò dai pastori che erano nei pascoli con le loro bestie, e pose la sua tenda là tra i monti per lungo tempo, CIOÈ PER CINQUE MESI.

Non volle ritornare a casa, per non essere additato con le stesse parole offensive dai suoi conterranei che erano stati presenti e che le avevano udite dal sacerdote.

Gioacchino disse tra sé: "Non discenderò di qui né per mangiare né per bere fino a quando non mi visiti il Signore Dio: mio cibo sarà la preghiera, e bevanda le mie lacrime".

Si ricordò del patriarca Abramo e come nella sua tarda vecchiaia, il Signore gli avesse dato un figlio di nome Isacco.

Rimasta a casa, sua moglie Anna innalzava piangendo due lamentazioni; diceva: "Piangerò la mia vedovanza, e poi la mia sterilità, poiché sono senza figli". Mentre piangeva, pronunciava ogni giorno questa preghiera:

"Signore Dio mio, non avendomi dato figli, perché mi hai tolto anche il marito? Ecco che ORMAI SONO PASSATI CINQUE MESI dacché io non lo vedo, non so dove cercarlo; qualora fosse già morto, certo mi curerei della sua sepoltura".

Un giorno, mentre piangeva molto amaramente, discese nel giardino di casa sua per passeggiare, e alzati gli occhi al cielo, pregava il Signore, dicendo: "Signore, Dio dei miei padri ti benedico nei secoli!




Degnati di visitare me, tua misera serva, con la misericordia salvifica, come hai visitato la madre della nostra stirpe Sara, dandole un figlio; e come hai esaudito la sua preghiera, così esaudisci anche me e guarda verso la tua ancella" [...]

Detto questo alzò nuovamente la voce gemendo, e disse al Signore: "Signore Dio, Creatore Onnipotente che hai dato prole ad ogni Tua creatura, perché escludi me sola, misera, dai doni della Tua benevolenza?

Ma tutto è possibile a Te, Signore. Restami soltanto propizio. Tu, Signore, sai che fin dall'inizio del mio matrimonio, questo io ho voluto, questo solo ho desiderato: che qualora Tu mi avessi dato un figlio o una figlia, lo avrei offerto a Te nel Tuo Sacro Tempio".

Dopo che Anna aveva detto questo, apparve improvvisamente davanti ai suoi occhi un Angelo di Dio e la confortò. Si rivolse a lei, dicendo:

"Anna, non piangere! È invece indispensabile che tu ti rallegri e gioisca, poiché l'Eterno ha esaudito la tua preghiera e ha guardato le lacrime che tu hai versato.

L'Altissimo ha infatti annuito alla tua domanda, giacché la tua stirpe sarà al Suo cospetto, e quanto nascerà da te desterà l'ammirazione di tutti i secoli, e la tua discendenza sarà celebrata in tutta la Terra". Ciò detto, l'Angelo del Signore scomparve ai suoi occhi. [...]

In quello stesso tempo, Gioacchino era relegato tra i monti in mezzo ai suoi pastori ove pascolava le greggi e un giorno, mentre era solo, gli apparve un giovane che gli disse: "Che cosa aspetti qui, e perché non vuoi tornare da tua moglie?"

Gioacchino rispose: "Ho vissuto con lei per vent'anni, ma Dio chiuse il suo utero e non mi volle dare figli da lei, perciò con dolore e vergogna sono uscito dal Tempio del Signore, dopo avere subìto dai sacerdoti la più grande ingiuria davanti a tutto il popolo.

Or dunque resterò qui con i miei armenti fino a quando Dio vorrà che io resti in questa vita. Per mano dei miei ragazzi (i suoi pastori; ndr), darò una parte ai poveri, alle vedove, agli orfani e a coloro che temono Dio.

Perché ritornare alla mia casa, io che, come indegno, sono stato scacciato con vilipendio dal Tempio del mio Signore?"


"Gioacchino" di Juan Simon Gutiérrez 1700

Dopo che disse questo, il giovane gli rispose: "Non temere, Gioacchino, e non turbarti per la mia apparizione. Io sono un Angelo del Signore, sempre davanti alla Maestà di Dio ed ho portato dinnanzi a Lui le vostre preghiere ed elemosine.

Ed ora, da Lui sono stato mandato ad annunziarti che le ha gradite. Sono apparso oggi a tua moglie Anna che piangeva e pregava e l'ho consolata.

Sappi che ti partorirà una figlia chiamata Maria e sarà benedetta dal Signore al di sopra di tutte le sante donne.

Ella infatti sarà il Tempio del Dio vivo, e lo Spirito Santo riposerà su di Lei, sicché tutti diranno che non ve n'è mai stata un'altra così; ma anche nei secoli futuri non ve ne sarà una simile.

Perciò, scendi dai monti e ritorna da tua moglie e LA TROVERAI CHE HA UNA CREATURA NEL VENTRE: infatti Dio ha suscitato in lei un germe di vita (dunque, rendi ringraziamento a Dio) e questo germe sarà benedetto, ed Ella stessa sarà costituita Madre di benedizione eterna [...]

E COME NASCERÀ MIRABILMENTE DA MADRE STERILE, così, qual Vergine incomparabile e ineffabile, GENERERÀ IL FIGLIO DELL'ALTISSIMO che sarà chiamato Gesù, il Quale conformemente al Suo nome, SARÀ IL SALVATORE DI TUTTE LE GENTI E DI TUTTO IL MONDO."

Così, quando Gioacchino raccontò la visione ai suoi pastori, essi gli dissero: "Guardati dal trascurare ancora gli ordini dell'Angelo di Dio, ma levati e partiamo. Cammineremo a lenti passi, facendo pascolare le greggi."

Mentre camminavano DA TRENTA GIORNI ed erano ormai vicini, ad Anna, che stava pregando, apparve un Angelo del Signore che le disse: "Va' alla Porta che si chiama «Aurea» e fatti incontro a tuo marito, perché egli oggi verrà da te. [...]

Ad un certo punto, alzando gli occhi, vide Gioacchino che arrivava con le sue bestie e, correndogli incontro, gli si appese al collo ringraziando Dio e dicendogli: "Ero vedova, ed ecco non lo sono più; ERO STERILE, ed ECCO HO CONCEPITO."

E ci fu grande gioia tra tutti i suoi vicini e conoscenti, tanto che tutta la Terra di Israele si rallegrò a quella notizia.


Giotto - Incontro di Gioacchino ed Anna alla Porta Aurea - (Affresco) Cappella degli Scrovegni - Padova

Come se ne deduce, e facendo qualche semplice considerazione, è impossibile dunque che vi sia stato concepimento umano normale, perché i tempi non coincidono affatto!

Per giunta, bisogna tener conto, anche se non fosse così, che l'età avanzata dei due coniugi non avrebbe permesso loro più di procreare!

A CONFERMA della validità dei testi antichi, anche se non canonici, vi è l'Ultrafanìa di cui ho reiteratamente parlato nel mio blog, ad esempio QUI.

Nei prestigiosi volumi "Scintille dall'Infinito", mai entrati in commercio per Volontà Superiore, viene riportato questo dall'Entele Maestro:

Il Mistero Maria e il Cristo

Il percepire diventa vibrazione pulsante! Venite con Me nell'immensità dei Cieli infiniti.

Come potete figurarvi i Cieli infiniti? Essi sono paragonabili agli oceani. Un movimento di colori che va all'incolore: l'incolore è lo stato di Grazia, di Luce di Sapienza. In questo luogo, che non è né alto né basso, vivono le Masse intelligenti, Intelligenze Purissime.

Quando dico "Intelligenza" non confondete ciò con l'espressione umana: Intelligenza equivale ad Entità, Individualità, Essenza Sostanziale; dicendo "Purissime" intendo dire che esse non hanno abitato la Terra.

In questo ambiente mirabile, una di queste Essenze Purissime fu chiamata da Dio, scese nel mondo, in apparenza come scendono tutti, concepita.

Analizziamo il concepimento di questo Essere. Una donna, che si chiamava Anna; l'uomo, che si chiamava Gioacchino: due individui umanamente buoni, puri secondo la Legge. Già in tarda età, essi volgevano al tramonto i loro giorni offrendo l'anima al richiamo, alla metamorfosi gloriosa.

Una voce mirabile disse: "Partorirai, Anna, una figlia a cui verrà posto il nome di Maria". Essi tremarono, prostrandosi a terra e dicendo: "Sia fatta la volontà di Colui che È".


"La Natività della Vergine" di Filippo Abbiati (1640 - 1715)

L'INNESTO AVVENNE NON PER CONNUBIO poiché essi vissero in stato di castità, quindi il soffio dell'uomo non sfiorò la compagna: Maria nacque, per Volontà Eterna, vergine.

Anche voi siete nati, ma non vergini; su di voi grava la reincarnazione; su di Essa nessuna reincarnazione, poiché allo stato di Essenza apparteneva alle Intelligenze Pure.

PRESE DUNQUE MARIA DELLE FORME DIAFANE, perché il concepimento fu Divino. Il Seme del Genitore, che è il Principio, il Padre, la Potenza, è buttato qua e là sulle Creature che Egli segna per la Sua gestazione, non per la prolificazione della carne.

Questo è il punto scottante. La Creatura generata dall'Eterno scese nel tempo con l'impronta dell'unica Missione: doveva essere Madre Divina.

La stessa voce dell'Angelo annuncia alla Medesima il grave compito (che Ella ignorava, perché la Legge d'oblio l'aveva avvolta) secondo l'ordine dall'Alto: i genitori mai avevano raccontato circa la Sua nascita.

"Sia fatta la Tua volontà, o Signore". Maria si turbò per timore di non saper servire, non per quello di una maternità che Ella umanamente non poteva dare.

Così il Seme che l'aveva generata divenne per il mondo il Figlio; quindi Ella, mentre fu Madre, fu figlia di cotanto Figlio: "Sono figlia di cotanta Potenza".

La porta chiusa si apre, l'intreccio è fluidicamente composto; quando dico fluidicamente intendo energie radianti e pulsanti che legano i due movimenti: sostanza definita Spirito, cioè Potenza, intreccio astrale, che può sembrare agli occhi fisici manifestazione corporea.

Tutto quello che voi conoscete circa Maria non è la realtà. Ebbe un protettore? Sì. Fu affiancata umanamente ad un individuo che era servo del Signore, un obbediente alla Legge, un'intelligenza di uomo limitatissima, che doveva solo chinarsi agli ordini che prendeva tramite l'Angelo.

Giuseppe era il mezzo che riceveva. Per intuito? No. Udiva la voce. Matrimonio? Non si compì alcun matrimonio davanti ad altare. Non ce n'era bisogno, perché Maria era sposata ab aeterno alla Sua Missione.

Maria rappresenta la Grazia che il Cristo offre all'Umanità, perché Ella è ancora sul mondo. È diventata tal quale era, cioè potenza di Spirito, Puro Spirito, Intelligenza ritornata al dominio, là dove tutti si riuniscono, là dove hanno convegno coloro che non furono toccati dalla carne.

ECCO PERCHÉ FU ASSUNTA IN CIELO! Il corpo fisico, nato non per germe fisiologico, era incorruttibile; sciolte le energie che lo formavano, si dispersero poi nell'etere, mentre l'Intelligenza Purissima ascendeva.


"L'Immacolata Concezione" di Bartolomé Esteban Murillo 1618 - 1682

Eccoci dunque arrivati alla seconda parte: la Manifestazione Cristica. L'Evento in assoluto più importante nella storia del genere umano.

"La condensazione dava una realtà evidente, che al tocco corrispondeva a carne legata a sangue. Il corpo di Gesù non aveva peso specifico, non lasciava perciò impronta sul terreno, né faceva ombra, perché, essendo la Luce, non avrebbe potuto proiettarne.

Non si sottrasse la Potenza all'incanalamento doloroso di materia. Egli raccolse i quantitativi più densi per foggiare l'intreccio corporeo che doveva servire al movimento sostanziale di tutta una massa vitale. 

Dal Principio Uno – Padre – (Periodo dei profeti, di circa 4.000 anni, fino a Giovanni Battista; ndr), 

al movimento Secondo – Figlio – viaggio di terra (Manifestazione - Cristo, pressoché di 2.000 anni; ndr), 

al movimento Terzo – Spirito Santo – tocco di Sapienza (Nuova Pentecoste con il Risveglio spirituale di tutta l'Umanità e l'inizio degli ultimi 1.000 anni, come riportato nell'Apocalisse; ndr).

Tre epoche dunque, tre fasi: sempre il Tre rivelatore delle energie prime e nell'Uomo il Tre sta come occhio di sole."

Chiarimento ultrafànico tratto dal libro "La Vita" di Gino Trespioli (Ep. 548), da "download-are" QUI), ricevuto tramite la signora BiceValbonesi e proveniente dal Maestro, Entità purissima (nelle etichette "La Voce") che fu anche la Guida di tutta l'Opera. 




DIO NON NASCE, MA SI MANIFESTA! 
Si rende visibile!
Che motivo avrebbe avuto la Divinità di nascere con dolori e contrazioni d'utero,quando il decreto alla disubbidienza dell'allegorica coppia adamitica fu: "Tu donna partorirai nel dolore", conseguenza della libera scelta del distacco dalla Legge?

Forse che il Cristo doveva soggiacere al frutto dell'arbitrio umano?

Evidentemente no! Solo in apparenza doveva avvenire tutto questo, mantenendo però intatta la sublime sostanza! Il testo apocrifo qui di seguito lo dimostra.


"La strada per Betlemme" di Joseph Brichey

La "Nascita" di Gesù il Cristo

Allora disse Giuseppe a Maria: «Figliola, molto hai sofferto per cagion mia. Entra e abbiti cura. E tu, Simeone, porta l'acqua e lava i suoi piedi. E le darai da mangiare, e se di qualcos'altro avrà bisogno fa' come desidera l'anima sua».

Fece dunque Simeone ciò che gli aveva ordinato il babbo, e la condusse alla grotta, che all'entrar di Maria cominciò ad aver luce del giorno, e si illuminò quasi fosse mezzodì.

(Risulta infatti, dal Protovangelo di Giacomo (cap. IX), che Giuseppe fosse un vedovo di una certa età con sei figli: quattro maschi – Giuda, Giuseppe, Giacomo, Simeone – e due femmine – Lisia e Lidia; ndr).

Maria poi, tra sé, continuava a ringraziare e non smetteva mai. E Simeone disse a suo padre: «Padre, che pensiamo che succeda a questa fanciulla? ché tutto il tempo parla tra sé e sé».

Gli disse Giuseppe: «Non può parlar con te perché è stanca del viaggio. Perciò parla con se stessa: Ella rende grazie». E accostandolesi disse: «Alzati, signora figliola; sali nel lettuccio e riposa». E così dicendo uscì fuori.

Poco dopo Simeone lo seguì e gli disse: «Sbrigati, signor padre, vieni al più presto, ché Maria ti domanda. Molto ti desidera. Credo che il suo parto sia vicino».

Gli disse Giuseppe: «Io non mi allontano da Lei. Ma tu che sei giovane, va' celermente, entra in città e cerca una levatrice, che venga presso la fanciulla; ché molto giova la levatrice ad una donna partoriente».

Rispose Simeone: «Io sono sconosciuto in questa città; come posso trovare una levatrice? Ma senti, signor padre; io so e son certo che il Signore ha cura di lei, che Egli le procurerà una levatrice e una balia e tutto quanto le è necessario».

E mentre così parlava, ecco avvicinarsi una ragazza col seggiolone con cui soleva portar soccorso alle donne partorienti, e si stette lì ferma.

Al vederla si meravigliarono, e Giuseppe le disse: «Figliola, dove te ne vai con codesto seggiolone?».

La ragazza rispose: «Mi ha mandato qui la mia maestra, perché è venuto da lei un giovane in gran fretta a dirle: "Vieni presto ad accogliere un nuovo parto, perché una fanciulla partorisce per la prima volta". Ciò udendo, ella m'ha mandato innanzi a sé; giacché ecco, essa mi segue».


"L'Angelo appare ai pastori" di Walter Rane

E Giuseppe guardando la vide arrivare. E le andò incontro, e si salutarono a vicenda. Gli disse la levatrice: «O uomo, dove vai?».

Egli rispose: «Cerco una levatrice ebrea». Replicò la donna: «Sei tu d'Israele?». E Giuseppe: «Io son d'Israele». Ed ella gli chiese: «Chi è la fanciulla che partorisce in questa grotta?» E lui: «Maria che m'è stata data in sposa, che fu allevata nel tempio del Signore».

Precisò la levatrice: «Non è tua moglie». E Giuseppe: «Mi è stata data in sposa, ma ha concepito di Spirito Santo». Insistette la levatrice: «Questo che tu dici è vero?». Rispose Giuseppe: «Vieni e osserva».

Ed entrarono nella grotta; Giuseppe la invitò: «Va', visita Maria». E quella, volendo penetrare nell'interno della grotta, ebbe paura; perché una gran luce vi risplendeva,che non venne mai meno né giorno né notte in tutto il tempo che Maria restò là.

Disse dunque Giuseppe a Maria: «Ecco, t'ho condotto la levatrice Zachele, che ora sta fuori, dinanzi alla grotta. E per l'immenso chiarore non osa entrare, né può».

All'udir ciò Maria sorrise. E Giuseppe le raccomandò: «Non sorridere, ma sii prudente; perché è venuta per visitarti, se per caso (Tu) non abbia bisogno di medicina». E la fece entrare e quella si fermò davanti a lei.

E avendo permesso Maria d'essere osservata per lo spazio di [più] ore, la levatrice esclamò a gran voce e disse:

«Signore Iddio Grande, abbi pietà, perché mai non s'è ancor udito né visto, né sospettato che le mammelle siano piene di latte, e il nato maschietto dimostri vergine sua madre.

Nessuna polluzione di sangue è avvenuta nel nascente, nessun dolore s'è manifestato nella partoriente. Vergine ha concepito, vergine ha partorito, e dopo aver partorito rimane vergine».

Tardando la levatrice nella grotta, entrò Giuseppe; ella gli andò incontro, poi uscirono fuori entrambi e trovarono Simeone che se ne stava ritto, il quale la interrogò: «Signora, come va per la fanciulla? Può aver qualche speranza di vita?» (A quei tempi era facile trapassare di parto; ndr).

La donna replicò: «Che dici mai, buon uomo? Siedi e ti racconterò una cosa meravigliosa». E alzando gli occhi al Cielo, la levatrice disse con voce chiara:

«Padre Onnipotente, come mai ho visto un tal miracolo che mi stupisce? Quali son le mie opere, per cui son stata degna di vedere i Tuoi santi misteri, sì da far venir qui in quel momento la Tua serva e farle veder le meraviglie dei Tuoi beni, oh Signore? Che farò? Come posso raccontar ciò che ho visto?...

Entrata a visitar la Fanciulla, l'ho trovata con la faccia rivolta in su, che guardava attonita in Cielo e parlava tra sé. E suppongo che pregasse e benedicesse l'Altissimo. Accostandomi dunque a Lei le chiesi:

"Figliola, dimmi, non senti qualche dolore? Non c'è qualche punto delle tue membra ch'è dolorante?". Ma lei, quasi nulla udisse, e come un solido masso, così se ne stava immobile, guardando fissa in Cielo.

In quel momento tutte le cose si sono fermate nel più gran silenzio, con timore.



Sono cessati i venti non dando più soffio, nessuna foglia d'albero s'è mossa più, non s'è udito più rumore d'acqua, non scorrevano i fiumi, né fluttuava il mare e tutte le fonti d'acqua tacevano, non è risonata più voce d'uomini, e c'era un silenzio profondo.

Lo stesso polo in quel momento ha cessato dall'agilità del suo corso. Le misure delle ore eran quasi passate. Tutte le cose con gran timore s'eran taciute stupite, aspettanti la venuta della Maestà di Dio, la fine dei secoli.

Come dunque s'è avvicinata l'ora, è venuta fuori la virtù di Dio all'aperto.

E la fanciulla che stava guardando estasiata il Cielo è diventata come una vigna. Già s'avanzava infatti il termine dei giorni. È VENUTA FUORI LA LUCE, Colei che s'è vista averLo partorito, l'ha adorato.

Il Bambino poi, come il sole, era tutto rifulgente all'intorno, puro e giocondissimo all'aspetto; perché è apparso Pace che tutto placa. In quel momento ch'è nato, si è udita una voce di molti [Spiriti] invisibili, che dicevano all'unisono: "Amen".

E la stessa Luce ch'è nata si è moltiplicata e con il suo Splendore ha oscurato quella del sole. E si è riempita questa grotta di un'incomparabile fulgore con una soavissima fragranza.

È nata questa Luce così, come la rugiada scende dal Cielo sulla Terra. Il suo profumo è olezzante più d'ogni altro effluvio d'aromi.

Io son rimasta stupita e meravigliata, e m'ha invasa la paura : guardavo infatti cotanto Splendore della Luce nata. Questa stessa Luce poi, a poco a poco, CONCENTRANDOSI, SI È FATTA SIMILE A UN BAMBINO; e subito s'è prodotto un infante come sogliono i bimbi nascere.

Ho preso allora coraggio, mi son chinata, l'ho toccato, e l'ho preso su nelle mie mani con gran timore, e mi son spaventata perché NON C'ERA PESO IN LUI come d'uomo nato.

E l'ho guardato, e NON C'ERA OMBRA DI IMBRATTO; ma era come nella rugiada dell'Altissimo Iddio tutto nitido nel corpo, leggero a portare, magnifico a vedere.

E mentre mi meravigliavo oltremodo che non piangesse come sogliono piangere i bambini appena nati, e lo tenevo guardandoLo in volto, Egli mi ha sorriso, con un giocondissimo riso, e aprendo gli occhi m'ha fissata acutamente, e subito una gran Luce è uscita dai suoi occhi come un gran lampo».


"La Nascita di Gesù" di James Seward Immanuel

Simeone all'udir ciò rispose: «O beata donna, che sei stata degna di vedere e testimoniare questa nuova visione e santità! E io son felice d'aver ciò udito, benché non abbia visto, ma ho tuttavia creduto».

Riprese la levatrice: «Ho da manifestarti ancora una cosa meravigliosa che tu ne stupisca».

E Simeone: «Manifestala, o signora, perché gioisco all'udire queste cose».

Ella gli disse: «Nel momento in cui ho preso il Bambino nelle mie mani, l'ho visto avere un corpicino pulito e non imbrattato, come sogliono con sudiciume nascere gli uomini. E ho pensato in cuor mio, se per caso altri feti non fossero rimasti dentro la matrice della fanciulla...

Subito ho chiamato Giuseppe e gli ho dato il bimbo nelle mani. E mi sono accostata alla fanciulla e l'ho toccata e l'ho trovata monda di sangue. Come riferire? Che cosa dire? Non trovo il bandolo! Non so come raccontare tanto Splendore del Dio Vivente.

Ma tu, o Signore, mi sei testimone, che l'ho toccata con le mie mani, e ho trovato questa fanciulla che ha partorito, vergine nel parto, ma anche... dal sesso d'un uomo maschio.

In quel momento ho gridato a gran voce e ho glorificato Iddio, e son caduta sulla mia faccia e l'ho adorato. Dopo sono uscita fuori. E Giuseppe ha avvolto il Bambino nelle fasce e l'ha deposto nella mangiatoia».

Estratto da: "Vangeli apocrifi", a cura di Giuseppe Bonaccorsi, vol. I° - Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1948




Conclusione

Come si vede, gentili Lettori, ecco la differenza tra le due "nascite".

L'una relativa alla Vergine Maria, concepita per intervento Superiore – ossia senza congiunzione umana, conclusasi poi normalmente e soggetta, come tutti, alla Legge d'oblio, con l'alta Missione di Madre-Spirito non solo per Suo Figlio e Suo Dio ma per tutti noi:

Ricordiamoci le parole emesse dal Cristo sulla Croce rivolte a Maria e a Giovanni apostolo: "Donna, ecco tuo Figlio", e rivolto a Giovanni "Figlio ecco tua Madre".
(Gv. 19, 26-27)

Eredità sublime! Giovanni rappresentava l'Umanità intera che avrebbe dovuto riconoscere Maria come Madre, mentre a Lei, nel contempo, veniva affidato tutto il genere umano affinché ne fosse l'Ispiratrice e la Guida.

L'altra "nascita" invece, quella di Gesù, non verificatasi come parto d'utero, e quindi non classificabile con il termine di "Natività" ma come "Manifestazione Divina", fu RAGGIO UNICO, DIO STESSO, condensatosi in forma apparente, per riscattare l'Umanità dal vicolo cieco nel quale si era immessa, e riportarla a Casa.

Nonostante tutto ciò... "Nel mondo degli umani – dice l'Entele Maestro – l'eredità del Cristo va scomparendo. Pochi sono quelli che ancora la posseggono; su quei pochi cade la Scintilla animatrice."

Gesù infatti disse: «Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc. 18, 8)

domenica 25 dicembre 2016

Valtorta : Io, Maria ho redento la donna con la mia maternità divina



Io, Maria, ho redento la donna con la mia Maternità divina. Ma non fu che l'inizio della redenzione della donna, questo.

Negandomi ad ogni uomo sponsale col voto di verginità, avevo respinto ogni soddisfazione concupiscente meritando grazia da Dio. Ma non bastava ancora. Perché il peccato d' Eva era albero di quattro rami: superbia, avarizia, golosità, lussuria. E tutti e quattro andavano stroncati prima di isterilire l'albero dalle radici.

Umiliandomi sino al profondo, ho vinto la superbia. Mi sono umiliata davanti a tutti. Non parlo della mia umiltà verso Dio. Questa e' dovuta all'Altissimo da ogni creatura. L'ebbe il suo Verbo. La dovevo avere io, donna. Ma hai mai riflettuto quali umiliazioni dovetti subire, e senza difendermi in nessuna maniera, da parte degli uomini?

Anche Giuseppe, che era giusto, mi aveva accusata nel suo cuore. Gli altri, che giusti non erano, avevano peccato di mormorazione verso il mio stato, e il rumore delle loro parole era venuto come onda amara a frangersi contro la mia umanità. E furon le prime delle infinite umiliazioni che la mia vita di Madre di Gesu' e del genere umano mi procurarono. Umiliazioni di povertà, umiliazioni di profuga, umiliazioni per rimproveri di parenti e amici che, non sapendo la verità, giudicavano debole il mio modo d'essere madre verso il mio Gesu' fatto giovane uomo, umiliazioni nei tre anni del suo ministero, umiliazioni crudeli nell'ora del Calvario, umiliazioni fin nel dover riconoscere che non avevo di che comperare luogo e aromi per la sua sepoltura del Figlio mio.

Ho vinto l'avarizia dei Progenitori rinunciano in anticipo di tempo alla mia Creatura.

Una madre non rinuncia mai che forzatamente alla sua creatura. La chiedano al suo cuore la patria, l'amore di una sposa, o Dio stesso, ella recalcitra alla separazione. E' naturale. Il figlio ci cresce in seno e non e' mai reciso completamente il legame che tiene la sua persona congiunta alla nostra. Se anche e' spezzato il canale del vitale ombelico, resta sempre un nervo che parte dal cuore della madre, un nervo spirituale e più vivo e sensibile di un nervo fisico, il quale si innesta nel cuore del figlio. E si sente stirare fino allo spasimo se l'amore di Dio o di una creatura, o le esigenze della patria, allontanano il figlio dalla madre. E si spezza lacerando il cuore se la morte strappa il figlio ad una madre.

Ed io ho rinunciato, dal momento che l' ho avuto, al Figlio mio. A Dio l' ho dato. Io, del Frutto del mio seno, me ne sono spogliata per riparare al furto di Eva del frutto di Dio. Ho vinto la golosità, e del sapere e del godere, accettando di sapere unicamente ciò che Dio voleva sapessi, senza chiedere a me o a Lui più di quanto mi fosse detto. Ho creduto senza investigare.

Ho vinto la "golosità" del godere perché mi sono negata ogni sapore di senso. La mia carne l' ho messa sotto i piedi. La carne strumento di Satana, l' ho confinata con Satana sotto al mio calcagno per farmene scalino per avvicinarmi al Cielo. Il Cielo! La mia mèta. Là dove era Dio. L'unica mia fame. Fame che non è gola ma necessità benedetta da Dio, il quale vuole che appetiamo di Lui.

Ho vinto la "lussuria", la quale è la golosità portata all'ingordigia. Perché ogni vizio non frenato conduce ad un vizio più grande. E la golosità di Eva, già riprovevole, la condusse alla lussuria. Non le bastò più il darsi soddisfazione da sola. Volle spingere il suo delitto ad una raffinata intensità e conobbe e si fece maestra di lussuria al compagno. Io ho capovolto i termini e in luogo di scendere sono sempre salita.

In luogo di far scendere ho sempre attirato in alto, e del mio compagno: un onesto, ho fatto un angelo.

Ora che possedevo Iddio e con Lui le sue ricchezze infinite, mi sono affrettata a spogliarmene dicendo:" Ecco: sia fatta per Lui e da Lui la tua Volontà ". Casto è colui che ha ritenutezza non solo di carne, ma anche di affetti e di pensieri. Io dovevo esser la Casta per annullare l' Impudica della carne, del cuore e della mente. E non uscii dal mio ritegno dicendo neppure del mio Figlio: unicamente mio sulla terra come era unicamente di Dio in Cielo: " Questo è mio e lo voglio".
Eppure non bastava ancora per ottenere alla donna la pace perduta da Eva. Quella ve la ottenni ai piedi della Croce. Nel veder morire Quello che tu hai visto nascere. Nel sentirmi strappare le viscere al grido della mia Creatura che moriva, sono rimasta vuota di ogni femminismo: non più carne ma angelo. Maria, la Vergine sposata allo Spirito, morì in quel momento. Rimase la Madre della Grazia, quella che vi ha dal suo tormento generata la Grazia e ve l' ha data. La femmina che avevo riconsacrata donna la notte del Natale, ai piedi della Croce acquistò i mezzi di divenire creatura dei Cieli.

Questo ho fatto io per voi, negandomi ogni soddisfazione anche santa. Di voi, ridotte da Eva femmine non superiori alle compagne degli animali, ho fatto, sol che lo vogliate, le sante di Dio. Sono ascesa per voi. Come Giuseppe, vi ho portato più in alto. La roccia del Calvario e' il mio monte degli Ulivi. Da lì presi il balzo per portare ai Cieli l'anima risantificata della donna insieme alla mia carne, glorificata per avere portato il Verbo di Dio e annullato in me anche l'ultima traccia di Eva, l'ultima radice di quell'albero dai quattro venefici rami e dalla radice confitta nel senso che aveva trascinato alla caduta l'umanità, e che fino alla fine dei secoli e all'ultima donna vi morderà le viscere. Da là, dove ora splendo nel raggio dell'Amore, io vi chiamo e vi indico la Medicina per vincere voi stesse: la Grazia del mio Signore e il Sangue del Figlio mio.

La Cooperazione di Maria alla Redenzione

La cooperazione fondamentale con il Fiat dell’Annunciazione (cooperazione remota)
La cooperazione di Maria all’opera della salvezza è una realtà ed appare in modo evidentissimo dal consenso dato da Maria al momento dell’Annunciazione. Dal sì di Maria dipendeva la salvezza dell’umanità. È nota la bellissima pagina di S. Bernardo a questo proposito:
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annun«Hai udito, o Vergine: “Concepirai e partorirai un figlio”. Hai udito: non sarà opera di un uomo, ma dello Spirito Santo. L’angelo attende la tua risposta: è tempo per lui di ritornare a Dio che l’ha inviato».
«Anche noi, o Regina, attendiamo una parola di misericordia: noi, miseramente oppressi da una sentenza di condanna. Ecco, ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: saremo subito liberati se tu accetti (…). Noi siamo in preda alla morte. Una tua piccola risposta ci può però ricreare e richiamare alla vita (…). Su, rispondi presto all’angelo, o meglio – attraverso l’angelo – rispondi a Dio. Rispondi una parola e ricevi “la Parola”; pronunzia il tuo verbo e ricevi nel grembo quello di Dio; lascia uscire la parola che passa e racchiudi in te quella eterna».
«Perché indugi? Perché esiti? Credi, afferma la tua fede, ricevi (…). Apri, o Vergine Beata, il tuo cuore alla fede, le tue labbra all’accettazione, il tuo grembo al Creatore. Ecco che il desiderato di tutte le genti sta alla tua porta e bussa. Oh, se per la tua esitazione passasse oltre! Se tu dovessi ricominciare, piangendo, a cercare colui che il tuo cuore ama! Levati, corri, apri. Levati con la fede, corri con la devozione, aprigli con il tuo sì».
«Ecco – disse – la serva del Signore: si faccia in me secondo la tua parola (Lc 1,38)».
Quello che S. Bernardo esprime liricamente con linguaggio poetico ispirato, S. Tommaso lo espone con la sua essenziale sobrietà teologica. In un passo famoso della Somma egli scrive:
Beato Angelico - San Tommaso
Beato Angelico – San Tommaso
«(Era necessaria l’Annunciazione) affinché si mostrasse che vi era un certo matrimonio tra il Figlio di Dio e l’umana natura. Per cui attraverso l’Annunciazione si attendeva il consenso della Vergine a nome di tutta la natura umana» (S. Th., III, q. 30, a. 1).
Il concetto è straordinariamente profondo, e lo stesso S. Tommaso non ne ha tratto tutte le conseguenze. Qui per natura umana si intende l’insieme di tutti gli uomini, l’umanità intera. L’incarnazione del Verbo è come un matrimonio fra il Verbo e l’intera umanità. Ma per il matrimonio ci vuole il consenso di entrambe le parti. Ora, come poteva l’umanità, composta di tanti soggetti distinti e per giunta diffusi lungo il corso dei secoli, esprimere il suo consenso al matrimonio con il Verbo? L’unica soluzione possibile era che l’umanità venisse rappresentata da qualcuno. Ora, questo qualcuno fu una donna, la Vergine Maria. Al suo consenso quindi tutta l’umanità è debitrice. Non vi è quindi dubbio alcuno che con il suo sì pronunciato al momento dell’Annunciazione Maria abbia cooperato in modo decisivo alla redenzione del genere umano.
La cooperazione all’opera stessa della redenzione (cooperazione prossima)
Oltre alla cooperazione con il sì all’Incarnazione del Verbo, la Vergine Maria ha anche dato un suo contributo all’opera stessa della redenzione? In altre parole: oltre alla cooperazione remota c’è stata anche una cooperazione prossima? La Lumen Gentium dice che Maria «consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione».
In che modo vanno intese queste parole? Cerchiamo di esaminare lo sviluppo storico di questa dottrina.
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A) IL FONDAMENTO BIBLICO
È il Concilio stesso che ci ricorda i principali momenti dell’unione di Maria con il Figlio suo nell’opera della salvezza: la visita a Sant’Elisabetta, l’incontro con i pastori e i magi ai quali la Vergine mostra Gesù, la presentazione al tempio, la perdita e il ritrovamento, l’intervento alle nozze di Cana, e soprattutto la partecipazione alla passione di Gesù sul Calvario.
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B) IL FONDAMENTO NELLA TRADIZIONE
Abbiamo visto a suo tempo l’importanza che ha assunto fin dal II secolo il parallelismo fra Eva e Maria, sviluppato in modo particolarmente profondo da S. Ireneo. Riportiamo qui un suo testo particolarmente illuminante:
ireneo«Il Signore venne dunque visibilmente nella sua proprietà e fu portato dalla creatura che egli stesso porta; ha ricapitolato, con la sua obbedienza sul legno (della croce) la disobbedienza che era stata perpetuata mediante il legno (della scienza del bene e del male); quella seduzione di cui era stata vittima miserabile Eva, fidanzata ma ancora vergine, è stata dissipata dall’annunzio di verità magnificamente annunciato dall’angelo a Maria, anch’essa vergine fidanzata. Infatti, come quella era stata sedotta dal discorso di un angelo, tanto da sottrarsi a Dio trasgredendo la sua parola, così questa fu istruita dalla buona novella mediante il discorso di un angelo, tanto da portare Dio (nel suo seno) obbedendo alla sua parola. E come quella era stata sedotta in modo da disobbedire a Dio, così questa si lasciò persuadere a obbedire a Dio, affinché la Vergine Maria divenisse l’avvocata della vergine Eva. E come il genere umano era stato incatenato alla morte per opera di una vergine, così ne fu liberato da una vergine, in quanto la disobbedienza di una vergine fu controbilanciata dall’obbedienza di una vergine. Il peccato del primo uomo ha ricevuto rimedio mediante la retta condotta del Primogenito; la prudenza del serpente è stata vinta dalla semplicità della colomba; e così sono stati infranti quei vincoli che ci assoggettavano alla morte».
È stato detto autorevolmente (Jouassard) che in questo passo, come anche in altri simili, il parallelismo si spinge molto avanti. È vero che il testo si riferisce di per se stesso al sì dell’Annunciazione, ma non si deve dimenticare che per Ireneo, come per gli altri Padri, soprattutto orientali, la redenzione comincia con l’incarnazione, e la croce è la consumazione di Betlemme. Inoltre bisogna notare che nel testo citato vi è un esplicito riferimento all’albero della croce. Maria è collocata molto vicino al Redentore, e a tutta la sua opera, come del resto Eva è stata molto vicina ad Adamo, e a tutto quello che egli ha fatto (entrambi hanno mangiato dallo stesso albero!).
A questo punto viene spontanea una conclusione: se il parallelismo Eva-Maria è valido, e noi abbiamo visto che lo è, essendo solidamente fondato nella Tradizione, dobbiamo dire che come Eva ha cooperato con Adamo nell’opera della rovina, così Maria ha collaborato con Gesù nell’opera della restaurazione. E sembra decisamente troppo poco limitare questa collaborazione al sì dell’Annunciazione. È con tutta la sua vita che Maria ha adempiuto la sua opera di Novella-Eva.
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C) IL FONDAMENTO NELLO SVILUPPO TEOLOGICO
Sembra che il primo a trarre tutte le conseguenze da questa stretta associazione di Maria all’opera della redenzione sia stato un monaco bizantino del X secolo, Giovanni il Geometra. Egli afferma alla fine del primo millennio ciò che si chiarirà lungo tutto il secondo, che cioè Maria ha avuto un ruolo unico nella passione, come preludio della sua mediazione attuale a favore dell’umanità. In una sua preghiera egli esprime questi concetti:
Addolorata1«Ti ringrazio per aver sofferto per noi così grandi mali, e per aver voluto che tua madre soffrisse così grandi mali, per te e per noi, affinché non solo l’onore di condividere le tue sofferenze le meritasse la comunanza di gloria, ma anche operasse per noi sempre più la salvezza, con il ricordo dei dolori subiti per noi e ci conservasse il suo amore non solo a causa della natura, ma anche a motivo del ricordo di tutto quello che lei ha fatto per noi durante tutta la sua vita. Noi ti ringraziamo poiché ti sei dato in riscatto per noi, e perché, dopo di te, hai dato la madre tua in riscatto ad ogni istante, affinché tu morissi una volta per noi, e lei morisse migliaia di volte nella sua volontà, consumata nelle sue viscere, come lo fu per te, nei riguardi di coloro per cui, proprio come il Padre, ha dato il Figlio suo, e persino lo ha visto messo a morte. Ringraziamo anche te, o Sovrana, per le pene e le sofferenze sopportate per noi fino a quell’ora».
In questo testo Giovanni il Geometra parla chiaramente della partecipazione alla passione di Gesù, e insiste sul termine «per noi». L’intercessione attuale di Maria si collega con il ricordo delle sue sofferenze di quel tempo. È quanto avremo modo di esaminare più avanti.
Anche in S. Bernardo (1090-1153) è presente l’idea che Maria, Nuova Eva, ha cooperato alla redenzione offrendo suo Figlio. Il Papa Paolo VI nella Marialis Cultus cita una sua espressione:
«Offri il tuo Figlio, o Vergine Santa, e presenta al Signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di noi tutti la vittima santa, a Dio gradita».
Questa offerta, avvenuta durante la presentazione al tempio, orienta già al Calvario, dove Maria «è morta con lui nel suo cuore», come afferma sempre S. Bernardo.
Anche in Arnaldo di Chartres († c. 1160), ispirato da S. Bernardo, troviamo questo concetto dell’offerta della vittima divina fatta dalla Madre. Pur avendo ben chiara l’idea che Gesù Cristo è l’unico Salvatore, egli arriva a dire:
«C’era allora una sola volontà di Cristo e di Maria, e tutti e due offrivano insieme (pariter offerebant) un solo olocausto: lei nel sangue del suo cuore, lui nel sangue della sua carne».
In S. Bonaventura († 1274), a proposito di Maria Nuova Eva, troviamo questa espressione molto interessante:
«(Maria fu associata a Cristo) affinché si compisse ciò che era stato detto profeticamente: “Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile” (Gen 2,18)».
E ancora leggiamo che Maria ha pagato il prezzo della nostra redenzione:
«Lo ha pagato come una donna forte e pia, quando Cristo ha patito sulla croce per pagare questo prezzo, purificare e redimere; allora la Beata Vergine è stata presente, ha accettato e si è conformata alla volontà divina. Ha acconsentito che il frutto del suo seno venisse offerto in croce per noi».
Questi stessi concetti li esprime anche lo Pseudo-Alberto, nel suo celebre Mariale di cui abbiamo già parlato, dove Maria viene presentata come Nuova Eva associata al Nuovo Adamo per «aiutarlo» proprio nell’opera della redenzione.
Nei secoli seguenti, e soprattutto in quel «secolo d’oro» della mariologia che fu il XVII, le testimonianze di questa dottrina sono innumerevoli. Nel secolo seguente tale insegnamento diventa comune nella Chiesa, grazie soprattutto all’opera dei due grandi teologi mariani S. Luigi Grignion de Montfort e S. Alfonso Maria de’ Liguori.
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D) IL FONDAMENTO NEL MAGISTERO DELLA CHIESA
La partecipazione di Maria Santissima all’opera della salvezza diventa insegnamento comune del Magistero ecclesiastico da Leone XIII in poi. Ci limitiamo a qualche espressione particolarmente significativa. Leone XIII chiama la Beata Vergine Maria «compagna di Gesù nella riparazione del genere umano» e parla dei «meriti singolari per cui ella partecipò col Figlio Gesù all’opera della redenzione umana».
PioXPio X, fra l’altro, afferma che
«da questa comunione di dolori e di volontà fra Cristo e Maria, ella meritò di diventare in modo degnissimo la Riparatrice del mondo perduto».
Il testo forse più esplicito e forte è quello di Benedetto XV:
«Ella patì e quasi morì col Figlio paziente e morente, abdicò ai diritti materni sul Figlio, per la salvezza degli uomini e, per quanto dipendeva da lei, immolò il Figlio suo per placare la divina giustizia, dimodoché a ragione si può dire che ella ha redento il genere umano assieme a Gesù Cristo».
Pio XI scrive:
«La Vergine addolorata partecipò, assieme a Gesù Cristo, all’opera della redenzione».
E ancora:
«La benignissima Madre di Dio, avendoci dato Gesù Riparatore, avendolo nutrito e presso la croce offertolo vittima per noi, per la mirabile unione che ebbe con lui e per grazia singolarissima divenne anch’ella e piamente è detta Riparatrice».
Pio XII afferma nell’Enciclica Mystici Corporis:
«La Vergine Maria, immune da ogni macchia, sia personale sia ereditaria, e sempre strettissimamente unita al Figlio suo, lo offrì all’eterno Padre sul Golgota, facendo olocausto di ogni diritto materno e del suo materno amore, come novella Eva, per tutti i figli di Adamo contaminati dalla miseranda prevaricazione del progenitore».
Vi sarebbero molti altri testi, ma anche soltanto quelli riportati testimoniano la significativa convergenza del Magistero pontificio, per il corso di quasi un secolo, su questo punto dottrinale, e ci aiutano a intenderlo nel suo giusto significato.
Questa cooperazione di Maria veniva detta «corredenzione». Questa espressione ebbe sin dall’inizio dei sostenitori e degli oppositori; dopo il Concilio, dato il suo silenzio a tale riguardo, il numero degli oppositori crebbe notevolmente.
Ma qui bisognerebbe ricordare due cose. Innanzitutto che il Concilio ha esplicitamente dichiarato di non avere avuto in animo di esporre una dottrina esauriente su Maria e di non aver voluto dirimere questioni non ancora pienamente illustrate dai teologi (cf. Lumen Gentium 54): per cui, sono le parole testuali, «restano legittime le sentenze che nelle scuole cattoliche vengono liberamente proposte circa colei che nella Chiesa santa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e più vicino a noi» (ibid.).
In secondo luogo un’attenta lettura del testo conciliare mostra come esso rimanga aperto alla dottrina della corredenzione, e quindi anche al titolo di «corredentrice». Basta considerare, ad esempio, oltre alla dottrina generale, anche le seguenti espressioni della Lumen Gentium:
LumenGentium_web
«Ella è veramente Madre delle membra di Cristo, poiché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa, i quali di quel Capo sono le membra». «Per questo la Chiesa cattolica, edotta dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale la venera come Madre amantissima» (n. 53).
«(Maria) è la Madre di Cristo e la Madre degli uomini, specialmente dei fedeli» (n. 54).
«I libri dell’Antico e del Nuovo Testamento e la veneranda Tradizione mostrano in modo sempre più chiaro la funzione della Madre del Salvatore nell’economia della salvezza» (n. 55).
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Il romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della massa dei fedeli. LUMEN GENTIUM, 23
«Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò Madre di Gesù e, abbracciando con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente» (n. 56).
«Questa unione della Madre col Figlio nell’opera della redenzione si manifesta dal momento della concezione verginale di Cristo fino alla di Lui morte» (n. 57).
«La Beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio morente sulla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cf. Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Gesù morente in croce, fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio (cf. Gv 19,26-27)» (n. 58).
«Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente in croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, coll’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale nelle anime. Per questo fu per noi Madre nell’ordine della grazia» (n. 61).
.Conseguenze
Vergine_PurissimaLa dottrina della corredenzione mariana sembra particolarmente adatta a suscitare nella mente e nel cuore dei fedeli un rinnovato interesse e un rinnovato amore verso la Beata Vergine Maria: non si può restare indifferenti nei suoi riguardi o sentirsi a Lei estranei quando si pensa che siamo stati salvati anche dal suo dolore, dolore che Ella ha accettato volontariamente per amore nostro.
Alla luce di questa dottrina comprendiamo poi meglio perché, come dice il Concilio, la Beata Vergine assunta in cielo «non ha depositato questa funzione di salvezza (…), ma con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo, ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, finché non siano condotti nella patria beata». Avendo infatti cooperato all’acquisto della stessa salvezza, è logico e conveniente che Ella cooperi anche alla comunicazione di questa salvezza. La dottrina della corredenzione permette dunque di vedere meglio perché Maria viene spesso chiamata la Mediatrice di tutte le grazie. Ella, come si è detto, è presente in particolare nel Sacrificio Eucaristico, che è fonte e culmine della vita della Chiesa, e lo è anche nell’amministrazione dei sacramenti, quando i fedeli nascono e crescono in quella vita divina della grazia di cui Ella è Madre.
La Beata Vergine ci appare dunque presente come compagna inseparabile in ogni attività salvifica del Redentore, sia terrena che celeste. In tal modo tutta l’opera della redenzione viene, per così dire, permeata del soave profumo della maternità; così l’amore di Dio verso di noi si rivela ancora più meraviglioso nella sua condiscendenza verso la nostra umana debolezza.

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