“Un parroco, come è suo dovere, rifiuta di dare il Corpo di Cristo ai peccatori pubblici, mentre un altro invita tutti a fare la Comunione. I fedeli sono disorientati, tutta la Chiesa soffre di questa frattura.
Il Presidente della Conferenza episcopale delle Filippine ha dichiarato che l’Amoris laetitia sarà immediatamente messa in pratica nel suo paese e di conseguenza, in certi casi, delle persone divorziate e ‘risposate’ riceveranno la Comunione”. E dunque “una profonda divisione si delinea in seno all’episcopato e al Sacro Collegio”.
Rimettere in discussione l’obbligo di osservare in ogni caso i comandamenti di Dio, in particolare quello della fedeltà coniugale, significa capitolare davanti al diktat dei fatti e dello spirito del tempo: già in numerosi paesi – come la Germania, per esempio – si calpesta da molto tempo la pratica che deriva dal comandamento divino. Invece di elevare ciò che è al livello di ciò che deve essere, si abbassa ciò che deve essere a ciò che è, alla morale permissiva dei modernisti e dei progressisti. I fedeli il cui matrimonio è stato infranto, ma che in questa situazione sono rimasti fedeli, in modo molto virtuoso e talvolta eroico, alla promessa fatta davanti all’altare, si sentono traditi”. “C’è di che piangere”, afferma monsignor Fellay apparentemente in controtendenza rispetto ai suoi stessi passi verso la piena comunione con Roma che lo hanno portato poche settimane fa a Santa Marta da Papa Francesco che starebbe preparando una generosa soluzione con il reintegro nella piena comunione dei lefebvriani: una prelatura sul modello di quella concedda all’Opus Dei. Eppure il testo non risparmia al Papa critiche severissime (quanto assolutamente infondate) con la denuncia di agire “alla maniera protestante” diffondendo con Amoris laetitia un “veleno”, il personalismo che, nella pastorale familiare, “non mette più il dono della vita ed il bene della famiglia in primo piano, ma la realizzazione personale e lo sviluppo spirituale degli sposi”. “A questo proposito – si legge sul sito – non si può che deplorare, ancora una volta, l’inversione dei fini del matrimonio già tratteggiata dalla costituzione pastorale Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, inversione che si ritrova anche in Amoris laetitia. La cosiddetta ‘legge della gradualità’ stravolge la morale cattolica”.
“Noi – afferma la dichiarazione – imploriamo il Santo Padre umilmente, ma risolutamente, di riprendere in esame l’Esortazione Amoris Lætitia e specialmente il capitolo 8. Come nei testi del Vaticano II, ciò che è ambiguo deve essere interpretato in modo chiaro, e ciò che è in contraddizione con la dottrina e la pratica costante della Chiesa deve essere ritirato, per la gloria di Dio, per il bene di tutta la Chiesa, per la salvezza delle anime, specialmente di quelle che sono in pericolo di lasciarsi ingannare dall’apparenza di una falsa misericordia”.
Parole molto dure ma che sembrano far parte di un gioco delle parti e che quindi non freneranno il processo di riavvicinamento yta la Chiesa e la FSPX avviato da Benedetto XVI e che Francesco porterò a buon fine.
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