venerdì 10 febbraio 2017

Maria novella Eva

Papa Pacelli il 1° no­vembre 1950 definì solennemente, come dogma, cioè come verità rivelata, l'Assunzione corporea in Cie­lo della Vergine Madre di Dio.

« Tutte queste ragioni - scrive Pio XII nella Costituzione Apostolica "Munificentissimus Deus" nel definire l'Assunzione come verità rivelata - e con­siderazioni dei Santi Padri e dei Teologi hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura la quale ci presenta l'Alma Madre di Dio unita strettamente al suo Figlio di­vino e sempre partecipe della sua sorte. Va ricordato specialmente che, fin dal 2° secolo, Maria Vergine viene presentata dai Santi Padri come Nuova Eva, stretta­mente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta, contro il nemico infernale, che, com'è stato preannunciato dal Protovangelo (Genesi, 3,15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, sempre congiunti negli scritti dell'Apostolo delle Genti (cf. Rom. c.c. 5-6; I Cor. 15,21­26. 54-57).
Per la qual cosa, come la gloriosa risur­rezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vittoria, così anche per Maria la comune lotta si doveva con­cludere con la glorificazione del suo corpo verginale; perché, come dice lo stesso Apo­stolo, - "quando... questo corpo mortale sarà rivestito di immortalità, allora si avve­rerà ciò che fu scritto: la morte è stata assorbita nella vittoria" - (I Cor. 15,54). In tal modo l'Augusta Madre di Dio, ... Immacolata nella sua Concezione, Vergi­ne illibata nella sua Divina Maternità, ge­nerosa socia del Divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come su­premo coronamento dei suoi privilegi, fu preservata dalla corruzione del sepolcro, e, vinta la morte, come già il suo Figlio, fu in­nalzata in anima e corpo alla gloria del Cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli (I T im. 1,17).
Poiché dunque la Chiesa universale, nel­la quale vive lo spirito di Verità e la con­duce infallibilmente alla conoscenza delle verità rivelate, nel corso dei secoli ha ma­nifestato in molti modi la sua fede, ... rite­niamo giunto il momento... per proclamare solennemente questo privilegio di Maria Ver­gine ».
Mentre dunque teologi ed esegeti com­pivano il loro lavoro, la Vergine della Ri­velazione confidava al protestante, fermato ormai dalla Grazia, la realtà di questo pri­vilegio, rendendosi garante della definizione solenne che tre anni dopo, il Sommo Pon­tefice, Pio XII, avrebbe promulgato.
Similmente, alla grotta di Lourdes (25 marzo 1854), aveva rivelato a Bernadette di essere l'Immacolata Concezione ("Que soy era Immaculada Councepciou", in dialetto dei pirenei) e Papa Pio IX proclama il dogma dell'Immacolata il 25 marzo 1858.
 Nel 1956, il vicariato di Roma, dopo avere acconsentito alla costruzione di una cappella sul luogo dell'apparizione per il culto della Vergine della Rivelazione, ne affida la custodia ai padri francescani minori conventuali, perché provvedano al servizio religioso.

Maria e i principi di "ricapitolazione" e "ricircolazione" in Ireneo di Lione. Dalle dispense di A. Gila, PADRI E TRADIZIONE ECCLESIALE DALLE ORIGINI AL VI SECOLO, Marianum, Roma 1999-2000

MARIA NUOVA – EVA     

E’ sulla base del principio appena esposto che Ireneo spiega, in maniera consequenziale, il ruolo della Vergine nel piano divino della Salvezza, ricorrendo al parallelismo Eva – Maria come aveva fatto con Adamo – Cristo. Ireneo stabilisce un parallelismo perfetto tra le due donne:
- Eva e Maria, pur essendo ambedue sposate, erano ancora vergini;
- Mentre Eva disobbedì causando rovina e morte per sé e per il genere umano, Maria con la sua obbedienza agì come causa di salvezza;
- La disobbedienza di Eva impose all’umanità dei legami di schiavitù spirituale; l’obbedienza di Maria sciolse questi legami, riportando l’uomo alla sua primitiva libertà;
- La disubbidienza di Eva è conseguenza della sua incredulità; l’obbedienza di Maria è frutto della sua fede;
- Come Eva fu sedotta dalla parola dell’angelo decaduto al pnto di fuggire davanti a Dio, avendo trasgredito la sua parola; così Maria ricevette il lieto annuncio per mezzo dell’angelo, cosicché obbedendo alla sua parola riportò Dio dentro di sé;
Con tutto questo Ireneo non soltanto attribuisce a Maria un ruolo all’interno dell’opera della redenzione, ma specifica anche che questo ruolo è strettamente congiunto con l’azione compiuta dal Salvatore, alla stessa maniera in cui Eva ebbe una funzione purtroppo negativa accanto al primo Adamo. Ireneo giunge ad affermare che come Adamo è stato ricapitolato in Cristo, alla stessa stregua Eva è stata ricapitolata in Maria: “Era conveniente e giusto che Adamo fosse ricapitolato in Cristo, affinché la morte fosse assorbita nell’immortalità e che Eva fosse ricapitolata in Maria, affinché la Vergine, divenuta avvocata di un’altra vergine, potesse annullare e distruggere, con la sua verginale obbedienza, la disobbedienza verginale”.

 Il principio della Ricapitolazione in Cristo 

LA RICAPITOLAZIONE IN CRISTO SECONDO ADAMO

Secondo S. Paolo, il Redentore ha ripreso o “ricapitolato” in se stesso tutte le cose e gli avvenimenti che accaddero dalla prima creazione, riconciliando così tutto con Dio. In questa visuale, la salvezza dell’uomo appare come una seconda creazione, la quale non è altro che una specie di ripetizione della prima. Mediante questa seconda creazione, Dio riabilita il suo piano primitivo di salvezza, frustrato dalla colpa di Adamo; lo riprende e lo riorganizza nella persona del Figlio suo, che diventa per noi il secondo Adamo. E siccome a causa del peccato di un solo uomo tutto il genere umano andò in perdizione, era necessario che questo Figlio si facesse uomo per diventare il capostipite di una nuova umanità e per attuare un piano di salvezza che ricalcasse, ma in modo contrastante le medesime tappe percorse dal primo Adamo nella sua ribellione contro Dio. 
Fedele a questa dottrina di S. Paolo, Ireneo mette bene in evidenza i due grandi obiettivi ottenuti dal Cristo nella sua opera redentrice: un risultato negativo, consistente nella distruzione del peccato e della morte che sono le due principali conseguenze della disobbedienza di Adamo; e un risultato positivo, vale a dire la restaurazione dell’intero genere umano secondo l’immagine di Dio, distrutta dal peccato d’origine. Questi due risultati il secondo Adamo li ha ottenuti mediante la sua totale obbedienza al Padre, controbilanciando in tal modo la disobbedienza del primo Adamo e riaprendo vittoriosamente l’antico conflitto contro Satana. Si può dunque dire che nel secondo Adamo tutto è stato rinnovato.

Il principio di Ricircolazione 
Il principio della ricapitolazione viene integrato da Ireneo da un altro principio, quello della “Ricircolazione” che introduce nella teologia di Ireneo una chiara nota storico – salvifica.
Se il principio della “Ricapitolazione” afferma che l’umanità, caduta a causa del suo primo capo Adamo, doveva essere ricondotta a Dio da un altro uomo che fosse il suo secondo capo, cioè il Cristo, il principio della “Ricircolazione” afferma che questo processo di restaurazione compiuto dal Salvatore doveva corrispondere passo a passo, ma su un piano antitetico, alla storia della caduta. Maria rientra quindi in questo principio nuovamente come l’antitipo di Eva. La storia umana è, quindi per Ireneo, un fenomeno unitario, nel quale il Nuovo Testamento non è altro che la continuazione dell’Antico. L’unica economia divina, interrotta da Adamo, al quale Eva fu associata, venne ripresa e portata alla sua completa perfezione dal Cristo, al quale Maria è pure associata. Giustamente Ireneo chiama Maria causa salutis proprio perché antetipo di Eva che fu causa mortis. Tale cooperazione di Maria include non soltanto una cooperazione fisiologica in qualità di madre vergine, ma include anche iniziative di ordine morale e spirituale. La sua obbedienza alla parola di Dio, in antitesi con la disubbidienza di Eva, fu consapevole e volontaria e il suo consenso al piano salvifico ebbe un carattere soteriologico, dal momento che ella sapeva che l’incarnazione del Figlio di Dio avveniva in vista della redenzione dell’umanità.

 Ireneo di Lione 

Tra i Padri del II secolo, Ireneo è sicuramente la personalità di maggior rilievo e il primo teologo nel senso proprio del termine.
Le notizie biografiche che abbiamo di lui sono poche e frammentarie. Nacque sicuramente a Smirne tra il 140 e il 160. Qui conobbe e frequentò il vescovo Policarpo discepolo dell’Apostolo Giovanni. Profondo conoscitore delle Scritture, percorse l’Oriente e l’Occidente per conoscere le tradizioni apostoliche vigenti nelle primitive comunità cristiane. Non conosciamo i motivi per cui lasciò definitivamente l’Asia Minore e si trasferì in Gallia, a Lione. Qui fu ordinato presbitero e venne inviato a Roma quale mediatore in una controversia riguardante il montanismo. Tornato a Lione viene nominato successore del vescovo Potino che nel frattempo era morto martire. Fu scelto nuovamente come mediatore tra il Papa Vittore I e i vescovi asiatici nella controversia riguardante le modalità della celebrazione della Pasqua. La sua morte avvenne presumibilmente intorno al 202. Gregorio di Tours scrisse che Ireneo morì martire, ma non abbiamo conferme su questo dato che questa informazione è del VI secolo e quindi troppo tardiva.
La testimonianza di Ireneo è preziosa e fondamentale dati i suoi contatti con Policarpo e con altre personalità che avevano conosciuto direttamente gli Apostoli. Egli dovette essere quindi ben informato sulla tradizione apostolica che trasmette fedelmente, come appare dai suoi scritti.
Ireneo scrisse diverse opere. La più importante e monumentale è la “ADVERSUS HAERESES” in cinque libri in cui, non soltanto confuta gli errori degli gnostici, ma al loro insegnamento oppone la retta dottrina della Chiesa, di cui offre una sintesi chiara e persuasiva. Altra opera è la “DIMOSTRAZIONE DELLA DOTTRINA APOSTOLICA”.
Circa la sua dottrina mariana, Ireneo riprende il tema di Maria – Nuova Eva inserendolo nella sua visione storico – salvifica della “Ricapitolazione” e della “Ricircolazione”.

Conclusione e fonti dell'articolo 

Conclusione
Ireneo colpisce per i termini particolarmente forti ed efficaci con cui esprime le proprie convinzioni teologiche. Egli afferma senza ombra di dubbio la presenza attiva ed efficace della Vergine santa nella storia della salvezza e lo fa con straordinaria determinazione. L’influsso della dottrina di Ireneo sugli ulteriori sviluppi della mariologia salta immediatamente agli occhi. La dottrina attuale circa la collaborazione di Maria lla redenzione degli uomini e alla mediazione della grazia divina, ha le sue lontane radici nel sicuro insegnamento del vescovo di Lione.

Fonti
1. Luigi Gambero 
Maria nel pensiero dei Padri della ChiesaEdizioni Paoline 1991

2. Angelo Maria Gila
Padri e tradizione ecclesiale dalle origini al VI secolo
Dispense del professore

Marianum, Anno Accademico 1999/2000

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