di Don Giuseppe Liberto
Come mai un avvenimento così importante è custodito dalla Chiesa antica nel mistero del silenzio? Il primo autore che ha rotto questo silenzio è Epifanio, vescovo di Costanza (Cipro), vissuto nella seconda metà del IV secolo. Il vescovo, costatando che nelle divine Scritture non si accenna alla morte della Madre di Gesù, scrive: «Certo è che quando l’apostolo Giovanni si recò in Asia, da nessuna parte si dice che egli avrebbe preso con sé la Vergine Santa. La Scrittura a questo proposito ha mantenuto il silenzio più completo a causa della grandezza del prodigio; per non suscitare uno stupore eccessivo nell’animo degli uomini. Personalmente non oso parlarne. Preferisco impormi un atteggiamento di riflessione e di silenzio» (Panarion 78,11).
Basilio Magno, nel suo trattato sullo Spirito Santo, dedica una riflessione illuminante, e dice che nelle verità di fede occorre distinguere i “cherigmi” dai “dogmi”. I primi sono verità contenute nella santa Scrittura e debbono essere proclamati per la diffusione del Vangelo. I “dogmi” non sono contenuti nella Scrittura ma sono stati trasmessi dagli apostoli nel “mistero”. Il termine “mistero” definiva anche la celebrazione liturgica o sacramentale, per cui talune verità erano insegnate durante la celebrazione della liturgia. Basilio, precisando che i dogmi e i cherigmi in rapporto alla fede hanno la stessa forza e la stessa importanza, afferma con decisione: «Se infatti rigettassimo le verità non scritte come non importanti, agiremmo contro il vangelo… I nostri padri non avevano forse imparato a coltivare nel silenzio il rispetto per i misteri?» (De Spiritu Sancto 27).
Lex orandi lex credendi. Il popolo cristiano orante ha sempre creduto che Dio, con la Vergine Madre, si sarebbe comportato in modo diverso da come ha fatto con tutte le altre creature. Maria, pur essendo creatura umana, ebbe il privilegio di essere Immacolata Concezione e dalla “dormizione” sarebbe poi passata al pieno compimento della gloria in paradiso. Il popolo cristiano, professando il Credo, intuiva che nelle parole semper virgo era rivelato il mistero dell’Assunzione in cielo di Maria in corpo e anima.
Al di là delle profonde argomentazioni e dei complicati sillogismi, lo Spirito Santo illumina la mente con maggiore splendore della fioca luce affaticata dell’intelligenza umana. I primi cristiani erano convinti che Colei che era stata abitata dallo Spirito sin dalla sua concezione non poteva conoscere la corruzione della sua dimora all’interno di un sepolcro di morte. Teodosio d’Alessandria (566) attribuisce a Gesù, venuto da sua madre nell’ora della morte, queste parole: «Alzati dal tuo letto, o corpo santo, che fu per me un tempio!». Giovanni XXII afferma che «la Santa Madre Chiesa fervidamente crede e suppone con evidenza che la beata Vergine fu assunta in anima e corpo» (Cum nobis, 17 maggio 1324). Sarà Pio XII, il 30 novembre del 1950, a proclamare solennemente il dogma.
La solennità dell’Assunta non può essere solo ricordo di un mistero che attrae e stupisce, è anche memoria di un trionfo anticipato che infonde speranza di vittoria sulla morte e sicurezza che anche noi, uniti a Cristo, come sua Madre, sublime modello del nostro destino, saremo assunti in cielo. Dio, infatti, ha abitato in Lei per abitare anche in noi.
Il Prefazio dell’Assunta, seguendo l’antica tradizione cristiana, così canta: «Oggi la Vergine Maria, madre di Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, è stata assunta nella gloria del cielo. In lei, primizia e immagine della Chiesa, hai rivelato il compimento del mistero di salvezza e hai fatto risplendere per il tuo popolo, pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza. Tu, non hai voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita».
Oggi, la solennità dell’Assunzione di Maria ci ricorda che tutti siamo cittadini del cielo e che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli (2Cor 5,1).
Oggi, in mezzo alle nostre agitate giornate ricolme di occupazioni e preoccupazioni, possiamo contemplare il nostro ultimo e definitivo destino della vita: la gloria eterna con la Santissima Trinità, con Maria e con tutti gli angeli e santi.
Oggi, l’Assunta in corpo e anima alla gloria dei cieli ci rivela il valore autentico del corpo umano. L’uomo non è pietra, non è pianta, non è animale, non è mummia inerte che rimarrà imbalsamato per tutta l’eternità, ma la speranza ci assicura che i nostri corpi di morte saranno vivificati dallo Spirito di Cristo che abita in noi (cf Rm 8,11) poiché siamo templi dello Spirito Santo che abita in noi.
Oggi, l’Assunzione di Maria ci fa intravedere la visione della speranza realizzata nella gioia della beatitudine eterna. Maria, spezzando i vincoli dello spazio e del tempo, ci apre il paradiso della gioia e ci lancia verso la libertà e l’eternità sperata.
Oggi, Maria ci invita a ordinare la vita in una gerarchia di valori e a viverla secondo il monito di san Paolo: cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio (Col 3,2).
Il concilio Vaticano II, nella costituzione Lumen Gentium, così scrive: «Assunta in cielo, Lei non ha interrotto questa sua funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna» (n. 62).
San Germano, patriarca di Costantinopoli, quasi indeciso tra lodare la vita di Maria o esultare nella festa che la celebra, così s’interroga: «Intonerò lodi alla tua convivenza con i mortali, o celebrerò la gloria della tua Dormizione per passare alla vita immortale, il giorno della tua Assunzione, secondo lo Spirito?» (IV Omelia mistagogica).
Circa la nostra risurrezione, san Paolo illumina i cristiani di Corinto con queste parole: Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo, venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte (1Cor 15,20-26).
Con frasi elevate e toccanti, il concilio Vaticano II così esprime il mistero dell’Assunzione di Maria: «Finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo e dal Signore esaltata quale regina dell’universo per essere così più pienamente conforme al figlio suo, Signore dei signori e vincitore del peccato e della morte» (LG 59). Poi continua: «La Madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa, che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (LG 68).
La Madre Vergine di Gesù, al termine della sua vita mortale, non poteva, dunque, essere consegnata alla dissoluzione della morte, ultima nemica: questo è il destino di noi peccatori, non il suo! Maria anticipa e assicura il traguardo della nostra speranza. Noi non saremo mai Chiesa se non apparteniamo a Cristo con tutto il nostro essere e agire, lasciandoci coinvolgere con Maria e come Maria nella preghiera che magnifica il Signore per la misericordia che ci ha donato e per le grandi cose che ha compiuto in noi. Il viaggio della risurrezione e dell’assunzione ha bisogno della speranza alimentata dalla pazienza, da non confondere con la disperanza dell’ignavia o con la pigrizia spirituale.
La vita cristiana è vivere l’attesa che Cristo ritorni, perché solo il suo ritorno ci salva.
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